I social media e internet sembrano un altro mondo, lontano dalla realtà, ma questo non può essere più sbagliato. La realtà virtuale è realtà e anche lì, anzi lì oggi ancora di più, si insinuano crimini come lo stalking e il bullismo. La violenza corre anche sul web e ha ripercussioni pesantissime.
Su questo tema le associazioni femminili di Parma, Fidapa, Associazione mogli dei medici italiani, Moica, Club del Fornello e associazione italiana donne medico hanno organizzato al WoPa, il 26 ottobre, un incontro dal nome “Il lato oscuro dei social media, nuovi rischi, nuovi predatori”.
Ne hanno parlato Lucia Russo, magistrato, pubblico ministero e protagonista di numerose inchieste sulla violenza sulla donna e Maria Grazia Mazzali, psichiatra e psicanalista. A moderare il dibattito Luigi Alfieri.
A causa del divario generazionale tra genitori e figli spesso gli adulti non conoscono così a fondo il mondo dei social network e le loro dinamiche di comunicazione. La troppa libertà ai figli può minare la loro sicurezza. Il bullismo, come spiega la psicologa, può sfociare nei social con una ancora più ampia visibilità. La cattiveria si scatena, mancano i freni. Ci si nasconde dietro a uno schermo del computer. “Facebook è un amplificatore della realtà – continua Mazzali – E’ un agorà molto ampio e le sue modalità di comunicazione non sono più quelle classiche. Con il post moderno e il consumismo è aumentata notevolmente la fragilità delle persone”.
I crimini in rete sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi anni. Si passa dalle truffe online, al furto di identità e credenziali che compromettono il patrimonio allo stalking e violenza virtuale che hanno gravi ripercussioni psicologiche, possono scatenare traumi anche difficili da superare. “Attenzione agli incontri in chat – raccomanda la pm Russo – In procura arriva gente disperata, si presentano moltissime persone che, riprese in atteggiamenti erotici, finiscono minacciate”.
Gli episodi di stalking possono essere poi devastanti per le vittime. “Nella maggior parte dei casi si parla di donne come vittime, sono il 90-95%. – spiega la Russo – Si tratta spesso di ex o persone che non accettano un rifiuto che si sfogano pubblicando materiale compromettente o rubano l’identità di lei per proporla sul web come donna disponibile ad attività sessuali”. Queste donne ricevendo poi insulti, richieste sessuali anche da maniaci, non vivono una vita facile. Anche i “filmini amatoriali” non infrequenti nelle coppie diventano un arma pericolosa sul web, dove la loro diffusione può essere inarrestabile. Stesso discorso si riferisce al bullismo. Lucia Russo ha ricordato il recente caso della ragazzina 14enne di Pavia che si è suicidata dopo vari atti di prepotenza sul web dai suoi coetanei; il caso del giovane gay di Roma detto “il ragazzo dai pantaloni rosa”, bersagliato dai coetanei delle scuole superiori ha posto fine alle sue sofferenze anche lui con il gesto estremo; saltò alla cronaca anche il video diffuso su YouTube di violenze a un ragazzino down, video che raccolse centinaia di “like”.
“Sono fenomeni che possono essere prevenuti con una solida azione di educazione ed autoeducazione alla prevenzione. – continua Russo – Sul web bisogna avere le stesse accortezze che si hanno nella vita. La stessa prudenza che una persona avrebbe nell’attraversare un quartiere malfamato di notte”. A mancare è anche una forte presenza di inibizioni, che siano leggi che impongano pene severe o educazione. Ma alcuni strumenti per tutelarsi esistono spiega il pm: “I giudici civili possono richiedere l’immediato oscuramento e il sequestro di un sito web o una piattaforma grazie a una legge sancita dalla convenzione di Budapest. Sequestro che non si adotta tuttavia per i giornali online. Una sentenza della Corte Europea ha inoltre sancito un precedente importante con una sentenza del 2014. Provider come Google o Facebook che non hanno sede in suolo europeo hanno spesso violato quelle che sono le leggi del nostro territorio. La Corte dell’UE diede ragione a un cittadino spagnolo la cui reputazione era corrotta da un’azione di pignoramento, debito che l’uomo aveva poi saldato, ma il motore di ricerca Google continuava ad associare il suo nome a questa disposizione e si rifiutava di eliminare il collegamento. I giudici hanno sentenziato a favore dell’uomo stabilendo che i diritti della persona prevalgono sui diritti del provider e dell’informazione”.
Cosa spinge le persone a questa violenza in rete? A rispondere la psicologa Mazzali: “Si manifestano le perversioni dovute a una frustrazione pregressa”, una non esternalizzazione di impulsi che logorano la persona spingendola a mettere “like” a video di violenza o condividere materiali compromettenti sapendo di recare sofferenza. “Per queste persone è difficile frenare questi impulsi. La pulsione di morte può essere piacevole nelle persone frustrate e non educate al rispetto. I bambini piccoli e gli adolescenti infatti sono istintivamente sadici. Internet è un luogo dove questi possono trovare auto soddisfacimento e ed è diventato il teatro virtuale per tutti, a differenza della televisione o altri media, perché elimina le gerarchie e le censure”.
“Internet è una straordinaria possibilità ma ha tremende insidie che le persone non possono affrontare con la passività” ha concluso Lucia Russo.
(Arianna Belloli)