“E pensare che volevo solo vendere quel vecchio mobile…”. E’ questo l’amaro commento di Marina (nome di fantasia) al termine delle firme sugli incartamenti della polizia postale per l’opportuna denuncia.
Già, tutto è iniziato da un mobile per il salotto. “E’ di mio padre, lo voleva vendere, io ho inserito l’annuncio sul portale “Subito.it”, mi sono sempre trovata bene, offre servizi di ogni genere. E comunque so che non è colpa loro”.
Dopo pochi giorni, un’offerta. “Era scritta in un’italiano stentato, ma la presunta acquirente ha allegato un passaporto francese. Mi sono detta che probabilmente era in Italia da poco, e ho portato avanti la cessione, inviando il codice IBAN per effettuare il bonifico e copia della mia carta d’identità, come richiesto”.
Poi? “Poi nulla, ho aspettato che arrivasse il bonifico per ultimare la transazione e capire dove avrei dovuto inviare l’oggetto”. Ma…”Anzichè la mail di avvenuta transazione, me ne è arrivata un’altra, da una sedicente dogana della Costa D’Avorio, che mi intimava di pagare 180 euro. Una mail fatta molto bene, con un link che rinviava ad una pagina con tutti i crismi dell’ufficialità e un sistema di calcolo della tassa all’interno”.
Ha pagato? “No, ho capito che c’era qualcosa che non andava. Sono andata a fare denuncia alla Polizia Postale del mio paese di residenza, in Val Taro. Però mio padre ci è rimasto malissimo, consapevole che essendo meno “internauta” sarebbe rimasto fregato. In sede di denuncia sono stata rassicurata, con il solo codice IBAN possono fare poco, e difficilmente utilizzeranno la mia identità per altre truffe. Almeno così si spera”.
E il mobile? “Aspetto che diventi antico, poi lo porto a Mercante in Fiera” – scherza amara.