E’ la stessa Autocisa a comunicarlo agli interessati: il Ministero delle Infrastrutture ha approvato il progetto definitivo. Si tratta dell’autostrada Tirreno Brennero della quale è stato approvato il lotto tra Fontevivo e Nogarole Rocca.
La comunicazione di Autocisa è arrivata il 4 agosto ai sindaci di Parma, Fontevivo, Colorno, Sissa-Trecasali e Fontanellato nonché alla Provincia di Parma, Regione Emilia Romagna, Arpae, Ausl e Autorità di Bacino del Po. Tra Pontetaro e Fontevivo l’inizio lavori è previsto entro settembre.
Il progetto definitivo è stato da poco approvato ma sulla questione già si alzano polemiche da parte delle associazioni ambientaliste: Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e Wwf Italia.
“La procedura autorizzativa del corridoio autostradale Tirreno-Brennero (Ti-Bre) non rispetta le prescrizioni della Direttiva comunitaria “Habitat” a tutela della rete Natura 2000 e della biodiversità”. La denuncia, contenuta in un corposo dossier, da parte delle associazioni è stata inviata alla Commissione europea.
Da quanto emerge il primo lotto che collegherà nel parmense la località Fontevivo, a 2,5 chilometri dall’intersezione tra l’A1 e la A15, con quella di Trecasali, interrompendosi dunque dopo 10 chilometri nel bel mezzo della pianura padana, non collegherebbe l’Autocisa con l’autostrada del Brennero, che sarebbe il fine di questa opera.
“Mentre tutti i Paesi d’Oltralpe potenziano il ferro e i valichi su rotaia per ridurre inquinamento ed emissioni, l’Italia pensa ancora di collegare il porto ligure al Brennero con un’autostrada. Stravolgendo peraltro il cuore dell’agroalimentare di qualità dell’Emilia-Romagna” scrivono le associazioni.
Gravissimo poi sarebbe l’impatto sulla biodiversità locale. Il primo lotto, oltre ad essere incompleto interferirà in modo importante con i due siti della rete Natura 2000: i Sic-Zps “Area delle risorgive di Viarolo, bacini di Torrile, Golena del Po” e “Basso Taro”. I siti sono patrimonio ambientale da conservare in quanto tipici della pianura padana. Sono zone umide, filari e prati stabili. Habitat particolarmente ricchi di specie come, tra le tante, il falco cuculo. Qui si vanta la più importante colonia italiana di questo rapace. Colonia completamente ignorata negli studi di incidenza del progetto. Presenti anche altre numerose specie nidificanti di uccelli di interesse comunitario e tipiche degli ambienti agricoli, nonché altre specie minacciate tra pesci (come la cheppia, che rischia l’estinzione), rettili e anfibi. L’opera distruggerà anche un prato stabile, un ambiente ormai raro in tutta la pianura padana.
Superficialità, approssimazione e scarsa evidenza pubblica dei tre studi di incidenza (limitati alla fase di “Screening”) elaborati ben 11 anni fa, nel 2005, e da allora mai aggiornati. Questo quello che Legambiente, Lipu e Wwf evidenziano nel dossier presentato all’UE. tali studi non riportano, per esempio, gli impatti sulla fauna e sugli habitat, ignorano gli impatti cumulativi e, di conseguenza, sottostimano le numerose incidenze dell’opera sui siti Natura 2000 in chiara violazione dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della Direttiva Habitat 92/43, alla luce anche della procedura “Eu Pilot” (6730/14/Envi) aperta due anni dalla Commissione europea proprio in merito al non rispetto della Valutazione di incidenza in Italia.
“Le autorità competenti – scrivono gli ambientalisti – avrebbero dovuto quantomeno chiedere che venissero redatte nuove Valutazioni di incidenza, se non dare già da subito parere negativo all’attraversamento dei siti Natura 2000 da parte di un’opera di tale entità senza le appropriate misure di mitigazione e, se del caso, misure di compensazione”.