Da una parte le grida: “Mai più casi Parma”. Di contro, quello del Rimini, messo uguale, se non peggio (LEGGI) e quello di tante altre società che rischiano di non potersi iscrivere nemmeno alla serie D.
Da una parte le barriere che si abbassano a voce e promesse, ma di fatto si alzano di uomini e mezzi (forze dell’ordine varie, a spesa di tutti) dall’altra i fatti violenti del pre Palermo Lazio, che col calcio hanno ben poco a che fare.
La crisi economica e le botte assurde, sono i due volti di una sola medaglia: marcia, balorda, irreversibilmente in crollo verso un baratro di melma puzzolente e mortale.
Il calcio andrebbe fermato, lo diciamo dai tempi di Calciopoli, di arbitri puniti e beatificati, di palle dentro o fuori dalla porta, di scudetti cuciti strappati e rubati.
Il calcio andrebbe fermato, abbiamo gridato e giurato sul sangue di Sandri, Bagnaresi, vittime diverse di un sistema che dovrebbe produrre solo divertimento.
Il calcio andrebbe fermato, a tempo indeterminato. Finché non ci sia pulizia fuori e dentro gli stadi, compresi gli uffici amministrativi e dirigenziali.
Se non siamo capaci di fermarlo perché valgono di più i diritti tv, i soldi e gli interessi, abbiamo il calcio che ci meritiamo: piccolo, misero, modesto, in Italia e in Europa. Da migliori, regrediremo sempre di più.
Il Parma, inteso come Parma Calcio 1913, società, ora, metta in valigia questa pesantissima responsabilità per farne onore e missione con la leggera consapevolezza di chi ha già messo un primo tassello verso un calcio nuovo, pulito, “biologico”.
Chi ha già saputo portare allo stadio 10mila persone in serie D perché ha regalato una ventata di freschezza, novità, entusiasmo, coraggio e bellezza, ne sia ambasciatore in Italia.
Per insegnare a tutti che nel calcio qualcosa di bello c’è ancora.
DI MARTINO VA IN PENSIONE. “Sono stanco e non c’è più posto per me in una magistratura in cui c’è uno strapotere delle correnti” – Emblematica e caduta a fagiolo, seppur per caso, la decisione del PM a capo dell’inchiesta sul calcioscommesse.
Il procuratore di Cremona Roberto Di Martino lascia. L’uomo del processo “calcioscommesse” ha annunciato infatti che chiederà di andare in pensione: “Sono stanco e non c’è più posto per me in una magistratura in cui c’è uno strapotere delle correnti”. Annuncio che arriva proprio durante una pausa dell’udienza del processo che si sta tenendo a Cremona. Il magistrato, che si è visto rifiutare le domande a procuratore capo di Brescia e Bergamo, si è detto “amareggiato e deluso” per non aver visto “riconosciuto il lavoro fatto in tutti questi anni”.
“Presenterò domanda per andare in pensione al più presto. Mi hanno rottamato – ha proseguito il magistrato – e sono dispiaciuto che vada disperso il mio lavoro in tema di terrorismo, sulla strage di piazza della Loggia e anche quello contro la corruzione nello sport. Probabilmente ho pestato molti piedi e sono convinto che questo non abbia giocato a mio favore”.