C’è tanta bellezza nel pareggio per 0-0 del Parma a Forlì (rileggilo qui).
Oltre a quella prettamente legata ai numeri, che dicono che il Parma resta imbattuto, saldamente in testa con dieci punti sull’avversario di oggi, terzo, e sette sull’Altovicentino secondo, oltre al sole di prima primavera che fa da sfondo a una cavalcata che sta diventando degna di un film, ci sono i contorni.
Quelli che portano la memoria indietro, a quando il Parma stava diventando una big. Quelli che assaporano del Parma antico, piccolo e vincente, umile, modesto ma in cima al tetto di Wembley in una nota rimasta impressa nella storia del calcio europeo.
Il più ricco di questi contorni è la trasferta di Yves Baraye, squalificato (leggi)per ragioni di cui si è discusso fin troppo (leggi), anche se la società è intelligentemente sempre rimasta al suo fianco (leggi).
Non è partito con la squadra, o meglio ancora, con un potente bolide per fare l’ingresso da star al Morgagni pochi istanti prima del fischio d’inizio: il viaggio d’andata lo ha fatto coi suoi…tifosi. In treno.
E con loro ha visto la partita. Come uno di loro, tra selfie, abbracci e incredulità. Perché per i più giovani, un giocatore accanto è un miracolo, per chi aveva conosciuto il “primo” Parma da sogno, un ritorno al passato.
Alla squadra che dopo la gara faceva si il defaticante, ma prima magari aveva accolto i tifosi. E’ un Parma a misura di tifoso, che biologico o meno, è bello da sembrare finto.
E chissenefrega della squalifica di Baraye: ha ridato per l’ennesima volta quest’anno a noi, giovani di ieri, il Parma che abbiamo imparato ad amare. Chiamatelo biologico, chiamatelo rinascita. Chiamatelo Parma, e a noi basterà vedere la maglia per cantare ancora.
Anche se in campo un altro De Santis, per corsi e ricorsi storici, ha strozzato la nostra gioia annullando un gol non si sa bene perché: meglio allora guardare in tribuna, a un rubicondo Arrigo Sacchi. Un passato prossimo che ha scritto una parte indelebile della storia gialloblù.