Il Laboratorio di Genotossicologia Umana, Microbica e Vegetale del Dipartimento di Bioscienze dell’Ateneo e il Laboratorio Tematico “Mutagenesi Ambientale” di Arpae uniscono le forze per la valutazione del rischio genotossico del particolato atmosferico (PM2.5)
Il Laboratorio di Genotossicologia Umana, Microbica e Vegetale del Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Parma e il Laboratorio Tematico “Mutagenesi Ambientale” dell’Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente ed Energia – Arpae Emilia-Romagna, Sezione di Parma, mettono insieme saperi e competenze per la valutazione del rischio genotossico del particolato atmosferico (PM2.5).
È il contenuto di fondo della convenzione di ricerca siglata oggi nella sede dell’Università dal Rettore Loris Borghi e dal Direttore della Sezione di Parma di Arpae Emilia-Romagna Eriberto de’ Munari.
All’incontro sono intervenuti Nelson Marmiroli, Direttore del Dipartimento di Bioscienze dell’Università, Francesca Cassoni, Dirigente Responsabile del Laboratorio Tematico Regionale di Mutagenesi Ambientale di Arpae Emilia-Romagna, e Annamaria Buschini, Docente del Dipartimento di Bioscienze dell’Università e Responsabile del Laboratorio di Genotossicologia Umana, Microbica e Vegetale. Nel corso dell’appuntamento ha preso la parola anche l’Assessore all’Ambiente e alla Mobilità del Comune di Parma Gabriele Folli.
Il Laboratorio di Genotossicologia Umana, Microbica e Vegetale del Dipartimento di Bioscienze collaborerà alla valutazione del rischio genotossico del particolato atmosferico (PM2.5) prelevato in tutta la regione Emilia-Romagna dalla Rete Regionale di Mutagenesi Ambientale. L’accordo consentirà di proseguire nelle attività sino ad oggi effettuate da Arpae sulle serie storiche di dati relativi alla genotossicità del particolato atmosferico in Emilia-Romagna e, nel contempo, di approfondire ulteriori correlazioni e ricadute quali quelle derivanti dalla ormai assodata pericolosità del particolato sulla salute o ancora tra cambiamenti climatici e rischio genotossico.
Verranno utilizzate metodiche internazionalmente validate e nuovi approcci analitici che impiegano differenti organismi, dai batteri alle linee cellulari in vitro, per la rilevazione di miscele complesse contenenti molecole in grado di danneggiare il DNA o provocare alterazioni permanenti (mutazioni).
Fulcro dell’accordo è il particolato atmosferico, e nello specifico il rischio mutageno/cancerogeno ad esso connesso, soprattutto in relazione alla frazione più fine, il PM2.5. Il particolato PM2.5, detto anche “particolato fine”, s’identifica con le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 μm, una frazione di dimensioni aerodinamiche minori del PM10 e in esso contenuta. Le sorgenti di particolato, nelle sue varie dimensioni, sono molteplici ma la combustione è sicuramente la causa principale, dai motori dei veicoli (auto, moto, scooter, camion, etc) alla legna per il riscaldamento domestico sino agli incendi boschivi e ai processi industriali. Per quanto riguarda il PM10 e ancor più il PM2.5 fondamentale è la porzione, non trascurabile, che si forma direttamente in atmosfera per reazione degli altri inquinanti emessi, quali ad esempio gli ossidi di azoto e i composti organici volatili.
Più è fine il particolato più è in grado di penetrare più in profondità nell’albero respiratorio umano e non solo, visto che si possono osservare anche danni a carico dell’apparato circolatorio. Ecco perché si studiano il PM2.5 e le sostanze che su di esso possono “adsorbirsi”.
L’immissione sempre più massiccia nell’ambiente di inquinanti, in particolare di sostanze in grado di alterare il DNA (sostanze genotossiche), ha portato gli organismi scientifici internazionali a volgere una particolare attenzione alla valutazione del rischio mutageno/cancerogeno. La possibilità di utilizzare tecniche di rilevamento basate sull’applicazione di test di genotossicità appare oggi lo strumento più sensibile e affidabile, per la valutazione non solo del rischio mutageno/cancerogeno ma anche e soprattutto dell’efficacia degli interventi, a livello nazionale o locale, finalizzati a eliminare o contenere l’immissione nell’ambiente di sostanze potenzialmente cancerogene.
La convenzione fra Università di Parma e Arpae s’inserisce nell’ambito di un ampio accordo quadro tra Università e Arpa (Arpae dal 1° gennaio 2016, dopo il recente cambio di denominazione e l’integrazione di funzioni), e s’innesta nel solco di una lunga collaborazione fra le due realtà. Il Laboratorio di Genotossicologia Umana, Microbica e Vegetale del Dipartimento di Bioscienzedell’Ateneo ha collaborato costantemente, sin dal 1990, con la Sezione Provinciale di Parma di Arpa Emilia-Romagna, Laboratorio Tematico “Mutagenesi Ambientale”. Questa collaborazione ha coinvolto i due enti in progetti di ricerca scientifica applicata e di trasferimento tecnologico, dando luogo a pubblicazioni scientifiche, partecipazioni a congressi, corsi di formazione a livello locale e nazionale.
Negli anni Arpa e Università hanno realizzato numerosi progetti di ricerca comuni, tra cui ad esempio diverse attività nell’ambito del monitoraggio ambientale, la valutazione della ricaduta di sostanze genotossiche derivanti dall’impianto di incenerimento rifiuti del Cornocchio, ora dismesso, e la campagna “ante operam” del nuovo Termovalorizzatore di Parma a Ugozzolo. È impegno di tutti che questa rinnovata e più stretta collaborazione possa nel breve futuro portare a ulteriori approfondimenti e valutazioni al fine di tutelare sempre meglio e sempre più la salute dei cittadini.