Sono arrivati in tanti, tantissimi, da numeri ufficiosi oltre 500 da tutta Italia per stringersi attorno ai facchini della Bormioli che si rifiutano di firmare il nuovo contratto di appalto (LEGGI) e protestano contro le repressioni della polizia (LEGGI).
Sono i Si Cobas, sindacato “sciolto”, di tutto il Nord Italia: striscioni, bandiere e slogan contro il sindacato accusato di non garantire i lavoratori (fermo restando che i facchini ribelli dentro l’azienda sono tre, LEGGI) , la Polizia, la stampa accusata di essersi venduta al padrone.
Il corteo, partito da Piazzale Santa Croce, è arrivato in centro: un lungo serpentone. Ma composto da chi?
Mentre a Milano i rappresentanti dei centri sociali imbrattavano per preseunta solidarietà un negozio dell’azienda, è giusto che i fatti, oggettivi, lascino spazio alla riflessione. Di tutti.
Ed eccole le riflessioni. Premesso che quello allo sciopero è un diritto che è dovere del lavoratore esercitare per migliorare la propria posizione lavorativa e ribellarsi ad eventuali vessazioni, fa almeno sorridere che qualcuno accusi un sindacato, che ha appena chiuso un contatto che ha migliorato la posizione di 60 dipendenti, dopo averla salvata, di fare chissà quali interessi.
Il sindacato a volte sbaglia o eccede, ma in questo caso che colpa ha? Qualcuno dei manifestanti lo dica.
In secondo luogo, perché sfaccendati dei centri sociali, sfrattati, pseudo comunisti che nell’ignoranza del concetto di marxismo e anarchia fumano canne in case occupate perché è sempre meglio che lavorare si schierano con un corteo di protesta? Sicuramente perché anno tanto tempo libero, ma forse anche perché il corteo è strumentale. A cosa? A parte far perdere tempo a chi un lavoro lo ha e vorrebbe farlo.
In terzo luogo, le forze dell’ordine non caricano se non necessario, almeno di solito. Non siamo nel ’68 e nemmeno alla Diaz: se un facchino impedisce ad altri venti di lavorate, loro caricano. Se si manifesta senza nuocere, nessuno vi nuocerà. Avete mai provato?
Quarto e ultimo punto. Stampa venduta, a chi? A quale potere occulto?
Queste domande sono un invito a dialogo e riflessione: ognuno risponda per se stesso, mentre torna dal corteo. Non è con i picchetti che si risolve, ma col dialogo. O con l’occupazione, ma reale, non strumentale e strumentalizzata.
Ma in questo caso, quanti sanno con cosa e contro chi stanno protestando?