In una interrogazione alla Giunta, il consigliere ricorda che la norma obbliga gli enti pubblici a non assegnare incarichi dirigenziali a condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la Pubblica amministrazione
Tommaso Foti (Fdi-An) ha presentato una interrogazione alla Giunta per sapere se vi sia una struttura o comunque una persona fisica che all’interno dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma si occupi di applicare la cosiddetta “Legge Severino”, che “obbliga gli enti pubblici a non assegnare incarichi dirigenziali di vertice a coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione”. In caso di risposta affermativa, Foti chiede se risulti alla Giunta “che il soggetto preposto alla predetta funzione sia stato sostituito nel corso degli ultimi due anni”.
Riferendosi, poi, alle recenti nomine (da parte del Direttore generale) dei Direttori di struttura complessa dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, il consigliere chiede se “risultino essere state assolte le dovute verifiche in ordine alla piena e corretta applicazione della normativa sopra evocata e quali ne siano stati i risultati”.
Infine, Foti chiede alla Giunta di emanare opportune direttive alle Aziende sanitarie locali, volte a richiedere la massima scrupolosità nell’applicazione della “Legge Severino”.
E sulla spending review – “Ogni volta che si parla di sanità sono prospettati interventi miracolistici di spending review per contenerne i costi, nei fatti, tuttavia, questa azione è sistematicamente diretta a tagliare i servizi più che i costi inutili”.
E’ “sconcertante” la norma di legge per cui “un docente universitario di prima fascia, in assenza di un reparto disponibile, ha diritto a un programma che lo equipari, dal punto di vista economico, alla figura del direttore”.
“Il reparto di Gastroenterologia dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma- scrive Foti- ha due direttori: uno, assegnato mediante procedura concorsuale, ricoperto da un professore universitario di prima fascia, direttore del reparto ospedaliero; l’altro, da un professore universitario di prima fascia, a cui è stato assegnato un programma di gastroenterologia sul territorio, in quanto la funzione di direttore di reparto ospedaliero, come visto, risultava già ricoperta.
Il soggetto titolare del programma- aggiunge- percepisce, dunque, un trattamento economico da apicale, pur risultando spesso assente da Parma per impegni universitari”. “Il direttore di chirurgia vascolare della stessa azienda ospedaliero-universitaria, inoltre, per motivi di salute,- segnala ancora il consigliere- ha rinunciato al ruolo ed è stato sostituito da un collega proveniente dall’Università di Bologna. Una volta che quest’ultimo ha preso servizio, tuttavia, il primo ha deciso di rimanere comunque nell’organico universitario, risulta assegnatario di un programma ed è quindi tuttora retribuito da apicale”.
“Analoga situazione- sostiene Foti- si manifesta nella direzione del reparto di ortopedia, dove il direttore titolare, che ha lasciato l’incarico, sostituito da un altro professionista proveniente dall’ospedale Vaio di Fidenza, si è visto successivamente assegnare un programma” che gli consentirebbe di “continuare ad operare” e percepisce “il trattamento economico di apicale, pur non avendo più la responsabilità di reparto”.
Insomma, evidenzia il consigliere, in questi due ultimi casi, per esempio, due professionisti di prima fascia avrebbero “rinunciato all’apicalità, ma non al trattamento economico ad essa riferito, che percepiscono grazie al programma loro affidato”.