Avevano massacrato a colpi di cric Antonio Leporace, il 31 ottobre 2013, poi gli erano passati sopra con l’auto, una, due, tre volte.
Scenario agghiacciante, la golena della Parma, a Sant’Andrea di Torrile, la dove il fiume luccica sotto le nebbie padane.
Il tutto per una partita di droga non saldata dal 45enne di Manfredonia residente a Milano, che aveva reso un amico il peggiore dei nemici.
Arrestati poche ore dopo a Monza, mentre cercavano di fuggire in Svizzera, Giuseppe Pallone e Luciano Scalise, 38 e 32 anni, entrambi pregiudicati per reati di spaccio e violenza, in primo grado erano stati condannati a trent’anni. Solo grazie al rito abbreviato avevano scampato l’ergastolo.
Scalise aveva anche tentato di giocarsi a carta della temporanea infermità mentale, ma in vano.
Martedì i giudici bolognesi della corte d’assise d’appello hanno confermato la sentenza di primo grado, confermando anche l’aggravante della crudeltà, che ha prevalso sulle attenuanti generiche.