La sorveglianza di sette aree metropolitane degli Stati Uniti ha riscontrato livelli di incidenza più alti del previsto degli enterobatteri resistenti agli antibiotici carbapenemici (CRE) ad Atlanta, Baltimora e New York, secondo uno studio pubblicato su JAMA e promosso dai Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti.
“I CRE”, si legge nello studio di Gush et al. pubblicato su Jama, “costituiscono un problema clinico e di salute pubblica in tutto il mondo. Questi organismi multi-resistenti causano infezioni associate a elevata mortalità e con limitate opzioni di trattamento e sono sempre più riconosciuti come una causa importante di infezioni in ambito nosocomiale”.
Nel 2013, i CDC avevano diffuso un primo allarme in merito ai CRE, ritenuti potenzialmente più pericolosi anche di microrganismi come lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA). I CRE, infatti, sono resistenti a quasi tutti gli antibiotici e possono diffondere i geni che conferiscono la resistenza ad altri batteri.
Su 599 casi di infezione da CRE riconducibili a 481 persone, 520 (87%) sono stati isolati da campioni di urina e 68 (11%) dal sangue. L’età media dei pazienti era pari a 66 anni e l’incidenza complessiva annua è stata di 2,93 casi per 100.000 abitanti. Gli autori hanno evidenziato che il livello di incidenza è significativamente inferiore a quello di altre infezioni nosocomiali. Volendo attuare un confronto, ad esempio, il livello per MRSA è stato di 25,1 casi ogni 100.000 mentre per il Clostridium difficile sono stati riscontrati 147,2 casi ogni 100.000.
La maggior parte dei casi si è verificata in persone che erano state ricoverate in ospedale e le infezioni causate dagli enterobatteri resistenti ai carbapenemi sono state fatali per 51 persone (9%), tra cui più di un quarto di coloro nei quali il microrganismo era stato isolato da un sito solitamente sterile.
In un editoriale di accompagnamento, pubblicato nello stesso numero di JAMA, Maria Hayden, specialista in malattie infettive presso il Rush University Medical Center di Chicago, ha sottolineato come le informazioni derivanti dalle attività di sorveglianza attiva siano uno snodo fondamentale verso il controllo delle infezioni da CRE. Secondo Hayden i risultati dello studio contengono una buona e una cattiva notizia.
Hayden sostiene che la cattiva notizia sia che i CRE sono stati identificati in ogni regione degli Stati Uniti, con tassi di incidenza che in alcuni casi suggerirebbero che potrebbero essere endemici. Hayden ha aggiunto, tuttavia, che anche nella regione con la maggiore incidenza, la Georgia, il tasso grezzo è ancora relativamente basso, il che indica che i provvedimenti adottati in questa fase potrebbero avere “un effetto considerevole”. L’ampliamento della sorveglianza dei CRE in più regioni, comprese le zone rurali e le aree metropolitane note per avere maggiore incidenza, potrebbe fornire un quadro più completo della di malattia negli Stati Uniti. Ha aggiunto, però, che non è chiaro se il Congresso passerà una richiesta di bilancio per migliorare gli sforzi nazionali di sorveglianza.