Il carcere di Padova chiude, all’improvviso, le proprie sezioni di massima sicurezza. E i suoi detenuti si trovano in mezzo a una strada, ma non sono proprio legittimati ad andare a spasso…quindi va trovata un’altra cella, coi medesimi requisiti. La massima sicurezza, appunto.
Il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria vorrei trasferire parte di quegli uomini nella sezione AS1 (detenuti per reati di mafia) del penitenziario di Parma.
Ma Roberto Cavalieri, garante dei detenuti di Parma, non ci sta: “Questa scelta non è condivisibile sotto diversi profili. I trasferimenti – di cui due già avvenuti – non sono ammissibili: il carcere di Parma non può accoglierli”
A Parma, solo una sezione sulle sei di alta sicurezza è per detenuti AS1: le restanti cinque sono per detenuti AS3, condannati per reati associativi. “Una sezione può accogliere al massimo 50 persone: in quelle di parma già ce ne sono 28, 30 – spiega Cavalieri – immaginatevi una palazzina, dove su ogni piano ci sono due sezioni: i detenuti AS1 stanno in una di quelle. Di fianco ci sono i detenuti AS3. Non si possono incontrare, sono incompatibili.
Per ovvi motivi organizzativi del reparto, a loro restano pochissime occasioni di partecipazione ad attività che sono da considerarsi marginali rispetto a quelle degli altri detenuti del circuito”.
Gli impedimenti ad accogliere i detenuti del carcere di Padova, sono di due tipi, spiega Cavalieri: di convivenza e di disparità di attività trattamentali. “Le celle sono singole, una scelta molto spesso sostenuta e obbligata da esigenze di salute, patologie psichiatriche e di studio dei detenuti. Queste persone sono quasi tutte ergastolane: chiedere di dividere una cella comprometterebbe quelle garanzie minime che oggi hanno”.
Nel carcere emiliano, si legge nella lettera, le attività sono ridotte all’osso. Le uniche in essere sono gli incontri del progetto Etica e Legalità, gestiti da alcuni volontari ma che termineranno quest’anno; la produzione a cadenza settimanale di prodotti da forno per la locale mensa per i poveri dei frati francescani; un corso di formazione professionale, se finanziato, della durata di 300 ore per anno (pari a quattro mesi di attività); la ginnastica settimanale.
“Non è presente nessuna attività lavorativa significativa. Lo studio è affidato all’iniziativa autonoma di alcuni detenuti iscritti a percorsi universitari. In poche parole, la situazione è al limite e con i nuovi arrivi non farebbe che peggiorare”.
Anche ammettendo un’apertura delle attività che vada oltre l’orario attuale (dalle 9 alle 15), i problemi della convivenza, delle condizioni di vita, del carico sanitario (“le prestazioni sanitarie sono già oggi carenti sotto il profilo della tempestività di erogazione”) resterebbero.
“I detenuti partenti dalla sezione AS1 di padova sono oltre 90 – spiega Ornella Favero, direttrice della rivista ‘Ristretti Orizzonti’ del carcere di Padova – hanno scoperto del loro trasferimento da un momento all’altro: è stata una notizia drammatica. La sezione alta sicurezza del nostro carcere è molto diversa da quelle degli altri: qui alcuni detenuti lavorano anche nella mia redazione, fatto unico. In tanti frequentano l’università o corsi di informatica. Insomma, è una realtà gestita come dovrebbe essere. Improvvisamente, ci è stato comunicato che per razionalizzare sarebbe stata chiusa”.
Immediatamente, ‘Ristretti Orizzonti’ e la cooperativa sociale Giotto (che gestisce numerose attività nel penitenziario veneto), sono andati a Roma per incontrare Santi Consolo, capo del dipartimento di Amministrazione penitenziaria: “Siamo partiti dal presupposto che l’alta sicurezza non debba essere che un passaggio a cui segue una declassificazione. Così, abbiamo chiesto la declassificazione per molti dei detenuti che avrebbero dovuto essere trasferiti. Per 20, 25 di loro l’abbiamo ottenuta: potranno restare a Padova e proseguire nei trattamenti. Quanto a tutti gli altri, stiamo lavorando”.
Due di loro, come scritto, sono già stati trasferiti a Parma (“Ci scrivono e ci dicono che è un disastro: hanno già fatto reclamo al magistrato di sorveglianza”, racconta Favero).
Ora è tutto bloccato: ‘Ristretti Orizzonti’ ha chiesto di rivedere le declassificazioni e valutare meglio i pareri antimafia: “Restituiteci allora Giovanni, già trasferito a Parma, e non toglieteci gli altri detenuti della sezione AS1, come Tommaso Romeo, Agostino Lentini, Giovanni Zito, Antonio Papalia e tutti quelli che lavorano con noi da anni – ha scritto in una lettera pubblicata oggi da Il Foglio -: per noi sono importanti gli esseri umani, e nel nostro percorso di responsabilità e consapevolezza ogni persona conta, ha un ruolo, vale per quello che è diventata”. quello che è diventata”.