Nel 1975 il Comune di Parma visse il proprio primo grande scandalo: furono arrestati i dirigenti comunali per corruzione legata ai partiti socialisti. Era il tempo di manifestazione e lenzuolate. Poi Parma tornò tranquilla, fino al 2011, quando Green Money la scosse.
Undici arresti, per corruzione e peculati a vario titolo. Undici imputati, un processo con diramazioni fatte di intrecci e braccia di ferro tra politica e magistratura. Tanti capitoli, l’ultimo, aveva visto la richiesta di otto dei nove imputati rimasti di patteggiare. Ma il giudice Nigro ha respinto ben sei richieste: pene troppo lievi.
E’ stata forse la più grande inchiesta sulla corruzione a Parma, Green Money, la maxi inchiesta legata al giro di mazzette per il verde pubblico del Comune portò all’arresto di 11 persone nel 2011: avrebbe dovuto vivere oggi uno dei capitoli finali, dopo la decisione di tutti gli imputati, ad eccezione di Giovanni Maria Jacobazzi, di patteggiare pene al di sotto di due anni di reclusione, da sospendersi.
Ma non è stato così: il giudice Gabriele Nigro non ha ritenuto congrue le pene e si è espresso negativamente sugli accordi già sottoscritti dagli avvocati difensori con il pm Paola Dal Monte per Emanuele Moruzzi, Carlo Iacovini, Ernesto Balisciano, Tommaso Mori, Gian Vittorio Andreaus e Gianluca Facini, accusati a vario titolo di peculato e corruzione per le mazzette sugli appalti del verde pubblico.
Accettate solo le pene di pochi mesi ma in continuazione per Forni e Mangiarotti.
Udienza dunque rinviata al 17 settembre, con la possibilità per gli imputati di tentare un nuovo patteggiamento con pene più consistenti o di richiedere il rito abbrevviato.