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Il Verdi resta a terra. L’11 giugno scatta la messa in liquidazione. Parma senza scalo?

Una settimana di tempo, o poco più, per fare il miracolo. Se non perverrà una dichiarazione d’interesse, corredata da capitale, entro l’11 giugno, il Verdi chiuderà lentamente i battenti.

Le trattative avanzate, sia con la cordata cinese, sia con la SEA, colosso che gestisce gli scali milanesi, sono precipitate, e Parma sta perdendo il proprio “ponte sul mondo”.

Lo hanno comunicato con grande amarezza e un filo di speranza, il Presidente di Sogeap, Guido Dalla Rosa Prati, e il direttore dello scalo, l’Ing. Franco Rastelli.

“La verità è che è scomparso l’interesse sulla città di Parma, quindi a nessuno, stato, istituzioni nazionali o locali, Ministero dei trasporti e industriali è venuto in mente di aiutarci a salvare il Verdi” – ha spiegato Dalla Rosa, con un velo di tristezza nella voce.

LE TRATTATIVE – “Prima si sono presentati i cinesi, mandati dal Presidente del consiglio, una ventina di soggetti che hanno presentato un protocollo d’intesa. Ci sono stati diversi incontri tra gennaio e febbraio, noi ci speravamo. Poi sono spariti” – spiega Dalla Rosa, ripercorrendo gli ultimi mesi.

“Noi non siamo mai stati fermi, abbiamo interpellato una società americana che si occupa di acquisizioni aeroportuali nel mondo, ci siamo sentiti con SEA (il colosso proprietario degli scali milanesi, nda), loro erano parsi entusiasti. Poi si sono ritirati. Noi abbiamo chiesto un aumento di capitale, ma è stato negato, quindi nell’assemblea di domani comunicheremo che l’undici giugno lo scalo inizierà il percorso verso la liquidazione. Salvo miracoli”.

Quando per miracolo si intende… “Qualcuno che arrivi con una dichiarazione d’intenti e un po di soldi” – precisa il presidente SOGEAP. Diversamente “Parma verrà tolta dal piano nazionale aeroporti, perderà le concessioni”.

RAPPORTO COSTI/BENEFICI – “La gestione dello scalo costa circa due milioni e mezzo – tre all’anno, spiega Rastelli, è un mezzo di sviluppo per tutta la città, ma nessuno lo capisce e se la sente di investirci”. “E’ un servizio alla città che non viene riconosciuto – commenta Dalla Rosa – si è parlato tanto di Area Vasta, Alta Velocità, Aereoporto, Metropolitana e poi? Parma è una zona potenzialmente ricchissima, la più ricca in regione, ma così so sta impoverendo paurosamente”.

“IL GIOCO DELLE COLPE” – La delusione è evidente. E vola il j’accuse. Allo Stato, che “finanzia tutti i piccoli aeroporti, tranne quello di Parma, dicendoci che dopo tre anni di aiuti la legge impedisce di continuare con le sovvenzioni. Ma altrove va diversamente”. Alla Regione, che ha lasciato il Verdi solo. Alle istituzioni di Parma, che non hanno fatto nulla. Al “Ministero dei Trasporti, il ministro è di Reggio, ma ha lasciato cadere il nostro appello a vuoto”.

Ma Dalla Rosa preferisce non dare colpe specifiche, non spartire le cause. “E’ solo colpa mia che non sono riuscito a far capire a Parma e alle istituzioni quanto lo scalo è importante”. Solo gli industriali hanno fatto un minimo, finanziato con un milione di euro, poi più nulla. Anche loro ciechi e sordi all’importanza di uno scalo in città. “Diciamo che qualcuno non ha potuto, qualcuno non ha voluto sentirmi” – chiude.

Peccato che nessuno dica che lo scalo è certificato per fungere da hub merci, ma la Sogeap non lo ha mai usato a tal fine. Negligenza incapacità o davvero una congiura?

E’ come se una catena tempestata di diamanti pendenti ne avesse perso, via via, uno dietro l’altro. Senza che la sua guida fosse in grado di fermare l’emorragia di voli, compagnie e interesse. Ma Dalla Rosa l’esame di coscienza non se lo fa.

OPERATIVITA’ – Ammesso che non succedano miracoli, lo scalo andrà avanti ancora per un mese a pieno regime, dopo la messa in liquidazione. Il tempo tecnico per permettere alle compagnie di riorganizzarsi, spostare i passeggeri su Milano e Bologna, si presume. Aeroporti che, a differenza di quello di Parma, producono un guadagno grazie all’immenso flusso di viaggiatori, che a Parma manca.

“Il Verdi che se ne va è lo specchio di Parma, che non ha più famiglie ricche che investono, e non è abbastanza internazionale per attirare investimenti da fuori” – è la mesta conclusione del Presidente. “Così perdiamo un pezzo di città”.

IL PARADOSSO – “Il paradosso di questa città è che siamo in fervente lavoro e fra meno di una settimana rischiamo la chiusura. I lavoratori hanno fatto il loro, ma le grande rappresentanze industriali non capiscono che sta sparendo un’eccellenza della città” – lamenta Simona, responsabile sindacale, tra un check in e l’altro.

Ed è vero, il terminal è zeppo. Intercettiamo una coppia che si sta imbarcando: “Siamo sardi, ma lavoriamo e viviamo qui. Siamo sempre avanti indietro, e come noi studenti, imprenditori, vacanzieri. Speriamo che il Verdi non chiuda. Sapevamo che va in liquidazione? No, sentivamo delle voci, ma è sempre pieno, pensavamo ce l’avrebbe fatta. E incrociamo le dita”.

Con una città intera, che rischia di vedere una delle sue eccellenze ridotte a scalo privato. E chiessenefrega, se è già successo a Rimini e Forlì, noi siamo Parma, florida, laboriosa, opulenta e bellissima. Non possiamo privare i turisti del Duomo e le imprese della connessione col mondo solo per l’incapacità gestionale di qualcuno.

Ci rimettiamo alla volontà di Enac, che tornerà in possesso dello scalo, e dovrà emettere un nuovo bando per il suo appalto.

Trovi qualcuno, che sia competente, entusiasta, capace. E ci riporti in alto.

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