Nelle province di Parma e Piacenza si contano più di 20 forme di gestione dei servizi sociali, con una “frammentazione” che è fonte di “forti complessità per gli operatori”, nonostante la legge regionale in materia del 2013, le cui linee guida sono state emanate nel 2014, punti invece al compattamento delle funzioni.
A renderlo noto, auspicando che “le linee guida vengano applicate il più rapidamente possibile”, è Luigi Fadiga, Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, che lunedì scorso ha incontrato i responsabili delle politiche sociali di quei territori. È il primo appuntamento di un programma di contatti periodici con i servizi in ottica di “area vasta” e non più per singola provincia come avveniva in precedenza, anche in previsione della futura soppressione degli enti: gli incontri proseguiranno con Modena e Reggio-Emilia, quindi Bologna e Ferrara e infine la Romagna.
In provincia di Parma, spiega il Garante, i 46 Comuni sono divisi in 4 distretti, ma in totale si contano ben 11 forme di gestione diversa: cinque Comuni, compreso il capoluogo, hanno scelto la gestione diretta, altri si sono affidati a tre diverse Asp o a una azienda sociale, altri ancora, infine, hanno optato per aggregazioni come le Unioni dei Comuni o le Comunità montane.
Non è diversa la situazione a Piacenza, dove nei servizi sociali sono coinvolti Comuni in maniera diretta, compreso il capoluogo, Unioni montane, Asp e Ausl: in totale, quindi, nel distretto delle Valli Taro e Ceno si contano tre forme di gestione, in quello di Fidenza una sola, in quello di Parma quattro (su un totale di cinque Comuni) e nel distretto del sud-est, infine, altre tre.
“Si tratta di raggruppamenti fatti in un’ottica di altre funzioni, sicuramente legittime e importanti, ma che non si conciliano al meglio con le esigenze della tutela del minore”, commenta Fadiga, “la frammentazione del territorio e la molteplicità delle forme di gestione portano sicuramente conseguenze negative”.
Durante l’incontro, racconta il Garante, “è stato confermato il forte interesse delle amministrazioni locali per l’infanzia: è stato lanciato ad esempio un nuovo sistema di vigilanza sulle comunità per minori, che non si basa sul controllo ispettivo ma su interventi di sostegno per migliorarne le condizioni. Si tratta del frutto del lavoro di un comitato tecnico costituito dalle amministrazioni locali dopo una mia segnalazione”. Tra le criticità emerse, chiude Fadiga, “il rapporto tra i servizi e l’autorità giudiziaria ordinaria, conseguente anche ai recentissimi mutamenti normativi del diritto di famiglia”.