I Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma hanno eseguito questa mattina una vasta operazione su richiesta della Procura della Repubblica della Capitale, con l’arresto in tutto di 22 persone per i reati di peculato, associazione a delinquere, frode informatica, utilizzo di carte di pagamento clonate, riciclaggio ed autoriciclaggio, in alcuni casi aggravati dal metodo mafioso e l’esecuzione di 65 perquisizioni su tutto il territorio nazionale.
Tutti i 22 arrestati sono stati condotti in carcere, tranne uno, che è ai domiciliari.
MANENTI – Per quanto riguarda l’arresto del presidente del Parma, l’operazione incriminata riguardava l’acquisto stesso della società gialloblù. Manenti infatti sarebbe stato in attesa di 4,5 milioni di euro per l’acquisto del Parma Calcio, che sarebbero dovuti finire nelle sue tasche grazie ad operazioni di hackeraggio.
Diceva: “i soldi devono arrivare”. In fondo era la verità: i soldi, in teoria dovevano essere prelevati da carte di credito clonate e conti violati da un gruppo di hacker e tramite “l’uso delle somme in operazioni commerciali come sponsorizzazioni, gadget e abbonamenti allo stadio”.
Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino. L’operazione di riciclaggio non è andata a buon fine per problemi tecnici e a quel punto sono intervenuti i finanzieri. “Manenti era in contatto con uno dei componenti del gruppo di hacker, è lui che contatta questo personaggio milanese componente della banda specializzata in riciclaggio, e sarebbe stato il beneficiario di una somma di 4,5 milioni, facendo 50 e 50”.
Per lui non c’è l’aggravante mafiosa. Dalle indagini non è emersa alcuna corresponsabilità.
I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE – “Le indagini hanno avuto diverse complessità nella sua esecuzione, ma contemporaneamente si caratterizzano per l’estrema velocità, visto che sono durate tre mesi, e per questo faccio i complimenti ai miei uomini per la velocità con la quale hanno svolto il loro lavoro”. Così il colonnello Cosimo Di Gesù, comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Roma, nella conferenza stampa sull’operazione.
Ci sono due contesti investigativi diversi che poi hanno trovato una connessione successiva. I reati vanno dall’associazione a delinquere all’autoriciclaggio fino alla frode informatica, in alcuni casi aggravati dal metodo mafioso.
Chi ha operato in maniera associativa era riuscito tra 10 e 13 febbraio ad effettuare due trasferimenti di denaro: anche 30 milioni in pochissimi secondi.
Oltre 20 milioni di euro sono stati distratti da un fondo del Ministero dell’Economia e hanno preso strade diverse da quelle istituzionali per le quali erano state istituite. Attraverso decine di spostamenti e operazioni, ben 13 milioni sono transitati su conti correnti intestati a persone fisiche, a società, direttamente al commercialista liquidatore. Altri 6 milioni di euro sono transitati su conti correnti di società intestate a due fratelli, uno funzionario di Ragioneria generale dello Stato e uno consulente finanziario. Per questo gli arresti per peculato.
Durante queste indagini sono emersi gli indizi per arrivare a un’altra vicenda che riguarda 17 degli arrestati. Si era formato un gruppo agguerrito per fare hackeraggio su sistema di banche, che ha operato partendo da Roma. Gli esperti informatici avevano il compito di creare la provvista per decine di carte di credito sottratte ai legittimi titolari o clonati. Poi la provvista veniva trasferita su altri conti da altri esperti. In alternativa c’era un’aggressione informatica ai sistemi bancari per operare trasferimenti di denaro da conti accesi in quegli istituti ad altri aperti in Paesi stranieri in particolare Spagna e Brasile e intestati soprattutto a onlus. I trasferimenti sono stati simulati come attività di beneficenza con prospettiva di rientro delle somme verso i componenti del gruppo decurtate di percentuale che rimaneva ai conti delle fondazioni.
Sul conto di una fondazione spagnola, ad esempio, era arrivato un trasferimento di un istituto svizzero di 10 milioni di dollari e poi 30 milioni di euro. Somme trasferite e in attesa che si consolidassero. “Noi siamo riusciti a interrompere l’operazione e siamo arrivati prima che si completassero”.
PARMA FC – Per quanto riguarda il Parma Fc, “attraverso le intercettazioni è emerso un accordo in base al quale il gruppo avrebbe – attraverso l’utilizzazione delle provviste finanziarie caricate su carte di credito clonate – messo a disposizione di Manenti la somma di circa 4 milioni e mezzo di euro per acquistare il Parma.”
“Lo avrebbe fatto – raccontano gli investigatori – attraverso un meccanismo banale: spendendo le somme caricate sulle carte di credito in operazioni commerciali varie, da acquisti di gadget a sponsorizzazione e acquisti abbonamenti, per far arrivare la somma nella disponibilità di Manenti . Ci sono state difficoltà tecniche a effettuare operazioni di riciclaggio e fino a questo momento non si era creata la disponibilità finanziaria per Manenti. Fino ad ora. Poi questa mattina siamo entrati in azione”.
L’autoriciclaggio è un reato introdotto dal 1° gennaio e prevede pene da 1 a 8 anni di carcere.