Lunedì 16 febbraio 2015. Per Parma rischia di essere il nuovo black monday, il giorno del grande crollo.
In un giorno solo, potrebbero scomparire dal panorama internazionale, nazionale e sportivo due fiori all’occhiello: l’aeroporto e la squadra di calcio.
Accostamento azzardato, ma grande verità.
Partiamo dal primo, il Verdi. In una commissione consiliare appositamente programmata, il presidente di Sogeap, Guido Dalla Rossa Prati, e il direttore tecnico, Franco Rastelli, non hanno lasciato grosse speranze.
“Il Verdi se ne sta andando” – hanno spiegato. Sarebbe forse più giusto dire che sta prendendo il volo, o meglio, perdendo le ali, sommerso da tre milioni di debiti. E pensare che ne basterebbero due all’anno per farlo continuare a volare, ma non ci sono.
Ma i cinesi di Izp, una cordata a lungo vicino all’acquisizione, non paiono in grado di aiutarlo: “la trattativa non è mai decollata, hanno un piano industriale fantascientifico, il capocordata, un libanese, non ha mai tenuto fede alle promesse fatte, nemmeno all’accordo firmato col governo a Novembre” – spiegano.
Quindi, luned’ è convocata l’assemblea che rischia di sancirne la liquidazione. Poi rimarrà spazio per le ultime formalità: “Avvisare le compagnie, sopprimere i voli”. Un mesetto di ultima agonia.
E ripartire non sarà così facile, ammesso arrivino i fondi. “Andrebbero riscritti i protocolli, rifatti accordi, contratti, rotte, ci vorranno molti soldi. Oltre a quelli che spenderemo per chiudere – chiosa Rastelli – finiremo come Rimini e Forlì. Ovvero nell’oblio”.
Come il Parma calcio, che rischia, e seriamente, la messa in mora. Lunedì è la death line, l’ultimo giorno utile. Lo si sa da sempre, ma da sempre si sperava arrivasse una soluzione. Che ad oggi non c’è. Soldi, stipendi, o messa in mora.
Giampiero Manenti, il nuovo proprietario, ieri sera ha fatto sapere che “non ho ancora fatto partire il bonifico, per scaramanzia lo dirò solo una volta arrivato”. Partire, arrivare. Come un aero, che rimane a terra però.
Forse Manenti non sa, non ha chiaro, di non avere tutto sto tempo, e che di fare dell’ironia e della scaramanzia, a Parma non ne ha più voglia nessuno.
E Lega Calcio, Figc, Aic? Buone a pretendere, a chiedere voti, favori, per poi disinteressarsi. “Stiamo monitorando” – fanno sapere. Ma come, cosa, e perché solo ora?
Non potevano intervenire e vigilare prima?
Il Parma era un patrimonio del calcio italiano e europeo, una delle sette sorelle. E fa male come stia affondando, ignorato dall’imprenditoria locale, depauperato da un pancione venuto dal paesello, lasciato andare da chi doveva vigilare.
E chi paga? I parmigiani, privati di un’eccellenza. Un’altra, dopo il Verdi.
Mentre anche Parmacotto sprofonda, passando di mano in mano da un Rosi all’altro, da un commissariamento all’altro. Cercando disperatamente di rimanere a galla, per non finire come la Parmalat.
Una grande realtà industriale di Parma capofila delle morti illustre delle multinazionali parmensi, un fiore all’occhiello che se non fosse stato lasciato sfiorire da banche e dispetti politici probabilmente avrebbe salvato Parma Calcio e chissà, magari anche aeroporto. Dando qualche buona idea alla Parmacotto, perché no.
Ma si sa, distruggere è ben più facile di salvare. Welcome in Italy, Welcome in Parma, ella fu un’eccellenza. Che qui giace.