Dall’Ultimo imperatore a The Dreamers, passando per Il The nel deserto, Il Piccolo Buddha e Io ballo da sola.
Capolavori a confronto, una lunga linea di geniale e visionaria poesia sfilata lungo la strada del cinema, quella che ha portato Bernardo Bertolucci a ricevere la “laurea ad honorem” al teatro regio di Parma.
Luogo sacro, per un parmigiano, legatissimo alla sua città, che nel mondo eccelle per la sua arte.
L’università degli Studi di Parma ha assegnato al regista Bernardo Bertolucci la laurea ad honorem in “Storia e critica delle arti e dello spettacolo”. La cerimonia si è svolta al Teatro Regio di Parma in occasione dell’apertura dell’anno accademico dell’ateneo parmigiano ed il regista, visibilmente commosso, ha tenuto la sua “lectio magistralis” ricordando, prima di tutto, il legame fra la sua famiglia e la realtà parmense.
Parma da un mese e più lo ha accolto, con una mostra fotografica di momenti dei suoi film che tocca i Portici del Grano, l’Ospedale Vecchio e l’Atrio del Palazzo Centrale dell’Università degli Studi di Parma (via Università).
Primo atto la proiezione di un cortometraggio dedicato a Casarola, paese dell’Appennino emiliano luogo d’origine della famiglia Bertolucci. Paese sempre rimasto nel cuore del padre Attilio, “ma anche noi ragazzi eravamo affezionati a quel luogo tanto che una delle prime poesie che ho scritto, quando avevo sei anni, racconta proprio di Casarola – ha ricordato il maestro – Era destino che il mio primo film lo dovessi girare qui, era la Teleferica”.
Poi il ricordo del legame fra Parma ed il cinema tanto che “qui, nel 1953, si tenne il primo convegno sul neorealismo. Il cinema italiano aveva strappato le telecamere fasciste dagli studi di Cinecittà ed aveva scoperto la realtà. Dopo aver girato ‘Prima della rivoluzionè pensavo poi di aver chiuso il capitolo del rapporto con questa città, invece eccomi qui per un’occasione che mi ha riportato a Parma e mi ha fatto venire alla mente tanti episodi legati al passato. Ad esempio ricordo ancora una partita di calcio nel campo centrale della Cittadella fra la troupe di Novecento e quella di Salò: io, non avendo mai giocato a calcio, ero a bordo campo, Pasolini invece ha giocato per un’ora poi è tornato arrabbiatissimo in panchina. Non so proprio dove trovasse tutta quell’energia”.
Nel racconto della sua via artistica fondamentale il ricordo della collaborazione con Pier Paolo Pasolini, le serate con Alberto Moravia fino al debutto con il suo primo film a Venezia.
E sul palco anche una battuta: “Mio padre mi diceva: non vai all’università? E io: mi laureerò da vecchio”. La sua “università”, ricorda, erano le serate passate a Roma ad ascoltare Pasolini, Moravia, Maraini.
Poi un altro filmato con una selezione di alcune immagini dai suoi grandi film, partendo dal Piccolo Buddha.
A rendere onore al maestro, in un filmato, i grandi registi del panorama mondiale. Da Wim Wenders che lo ha definito “mio caro fratello maggiore” a Emir Kusturica (“La scoperta di Bertolucci è stato come scoprire un libro di storia”), passando per Ermanno Olmi (“Caro maestro, caro scrittore e caro amico”), Marco Bellocchio, Gabriele Salvatores (“Ha una grande responsabilità sul fatto che ho deciso di non fare l’avvocato ed ho fatto il regista. Non so se questo è un suo merito”) e la regista emergente Alice Rohrwacher (“Nella mia casa da piccola c’erano solo quattro cassette: due erano Novecento atto primo ed atto secondo”).
L’ultimo abbraccio a Bertolucci è stato di Roberto Benigni che ha scherzato così: “Era dai tempi di Maria Luigia che Parma non era così famosa. Anzi Parma dovrebbe dare a Bernardo tutta l’Università non solo una laurea”, poi la grande lode: “Lui ha una vera ossessione per la bellezza ed ha insegnato agli spettatori a guardare: e questo è un regalo straordinario a tutti noi”.
(ladydi)