La povertà erode anche la benestante società emiliano-romagnola.
E i primi a farne le spese, come sempre, sono i bambini. In Emilia-Romagna sono oltre 65 mila (dati 2013) i minori che vivono in una condizione di povertà assoluta (il 9,5% del totale), in aumento del 4% rispetto all’anno prima ma pur sempre e sotto la media nazionale (13,8%). Inoltre, ben più di una famiglia su due (il 56,3%) in Emilia-Romagna ha dovuto ridurre la spesa per alimenti o comprare cibo di qualità inferiore (contro il 68% in media in Italia).
E 7.406 nuclei familiari sono sotto sfratto per morosità incolpevole (930 in più rispetto al 2012). La fotografia è scattata da “Save the Children” nel suo Atlante dell’Infanzia 2014, lo studio che ogni anno analizza la condizione dei bambini in Italia. In Emilia-Romagna, la povertà dei minori è anche culturale, oltre che materiale.
Nel 2013, il 33% di bambini e ragazzi tra i sei e i 17 anni non ha letto neanche un libro durante tutto l’anno (la media nazionale è del 47,9%), mentre il 51,6% non ha visitato una mostra o un museo (contro il 60,8%). Inoltre, il 61,3% dei bambini emiliano-romagnoli non è mai andato a teatro nell’ultimo anno (72,1% il dato nazionale), il 24,3% mai al cinema (contro il 26,3%) e l”89,3% a un concerto (contro l’84,9%). Infine, il 68,6% non ha mai visitato un sito archeologico (73,7% è la media nazionale).
A questo si aggiunge che quasi il 35% degli under 18 in Emilia-Romana non viaggia e non viene a contatto con altre realtà, perché vive in famiglie che non possono permettersi nemmeno una settimana di ferie l’anno lontano da casa. Infine, più di un minore su due (il 57,8%) fa sport regolarmente, ma allo stesso tempo c’’è un 18,6% di under 18 non fa alcuna attività fisica (28,1% il dato medio nazionale)
Molto più favorevole rispetto al resto d’Italia, ma sempre sotto l’obiettivo europeo del 33%, è la situazione degli asili nido in Emilia-Romagna: il 27,4% di bambini tra zero e due anni frequentano strutture pubbliche o convenzionate, a fronte del 13,5% nazionale e con un aumento dello 0,8% rispetto al 2012. Gli studenti della regione si segnalano anche per le buone performance nei test Pisa di matematica e anche per una dispersione scolastica minore di quella italiana (15% contro 17%), ridotta negli ultimi 10 anni di quasi 5 punti ma ancora lontana dalla soglia Ue del 10%. Il tempo libero è invece un problema, anche perché nelle città mancano spazi a misura di bambino. Persino a Reggio Emilia, che è il centro col maggior numero di under 18 (oltre 31 mila) ma dove circolano circa 670 automobili per chilometro quadrato. In tutta l’Emilia-Romagna, appena il 5,8% dei bambini tra i tre e i 10 anni può giocare libero in strade senza traffico, ma il 39,2% ha a disposizione un cortile di casa o di condominio.
“Sicuramente bambini e adolescenti dell’Emilia-Romagna vivono una condizione migliore e più promettente di tanti coetanei del resto d’Italia, con buoni servizi per la prima infanzia, una certa disponibilità di spazi e opportunità formative e ricreative – commenta in una nota Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children – tuttavia anche in questa regione migliaia di bambini vivono in povertà e la dispersione scolastica è ancora al di sopra dell’obiettivo Ue.
È importante che una delle regioni più virtuose in Italia continui questo percorso, senza lasciare indietro i bambini più và o esclusione”.Save the Children chiede dunque una “assunzione di responsabilità collettiva contro la povertà educativa – spiega Milano – serve un piano nazionale di contrasto della povertà minorile, che preveda l’estensione della nuova social card a tutte le famiglie in povertà assoluta con minori, semplificando i criteri di accesso e rafforzando le misure di accompagnamento e valutazione”.
Secondo la onlus, devono essere previsti anche “interventi mirati per le aree più deprivate sul piano dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza”. Per le periferie più carenti, “proponiamo di attivare aree ad alta densità educativa sul modello francese delle zones d’education prioritaires – continua Milano – per garantire un rafforzamento delle offerte formative, scolastiche ed extrascolastiche, valorizzando le risorse locali e mobilitando fondi europei”. Nell’ambito della campagna “Illuminiamo il Futuro”, Save the Children ha aperto nel 2014 11 “Punti Luce” in otto regioni, frequentati da circa 1.800 minori. Si tratta di “spazi ad alta densità educativa”, dove bambini e ragazzi possono studiare, giocare, fare attività sportive e culturali. La onlus prevede di arrivare a 4.000 entro il 2015.
“I dati documentano una sempre maggiore riduzione degli spazi di autonomia, socialità e svago dei bambini e contemporaneamente degli spazi mentali, di opportunità di formazione e crescita intellettuale – commenta Valerio Neri, direttore generale di Save the Children – il che spinge l’infanzia sempre più ai margini. Il disagio di tante periferie è sotto gli occhi di tutti. Luoghi non lontani dai centri ma comunque svantaggiati e fragili, senza verde, aree comuni, trasporti, biblioteche, scuole a tempo pieno e spazi sportivi e sempre più popolati da giovani coppie con bambini. Le periferie sociali sono le nuove città dei bambini, è da qui che dobbiamo ripartire”.